Cloud e costi: quali strumenti usano i CIO per evitare la bolletta-shock

Non si può andare in cloud senza avere gli strumenti per gestirne i costi: questo è il messaggio che arriva dalle esperienze dirette dei CIO. “Tutto nel cloud si paga”, è la dura lezione da apprendere, ma, con questa consapevolezza in mente, gli IT manager possono estrarre tutto il valore di flessibilità, velocità e sicurezza della “nuvola” senza temere la bolletta-shock. 

“La gestione dei costi del cloud è un tema molto sentito dai Chief Information Officer”, afferma Luca Castellano, CIO di gruppo di Maggioli (editoria specializzata e servizi per PA e liberi professionisti). “Che si tratti di cloud applicativo o infrastrutturale, il modello di pricing è definito sulle interazioni. Questo deve portare il CIO a un attento controllo delle proprie soluzioni, anche con strumenti di analisi dei dati e competenze specifiche, al fine di rendere governabile e prevedibile un modello che, per sua natura, è dinamico”.

Il cloud resta più conveniente dell’infrastruttura fisica, “che prevede un investimento iniziale più alto e un costo maggiore nella scalabilità”, dichiara Gennaro Ardolino, Head of digital innovation e CISO di Graded (energy saving company). “Il cloud certamente incide nel totale dei costi dell’IT, ma, se sto consumando più risorse di quante me ne occorrono, posso scalare verso il basso. Non vedo criticità nella gestione”.

Gestione qui è la parola chiave. Come afferma Alessio Dal Bianco, Backend Engineer Manager di BizAway (business travel management company): “Per noi il cloud (il SaaS di AWS o di altri fornitori che poggiano sull’infrastruttura del colosso americano) non rappresenta una voce di costo pesante, ma il controllo della spesa è imprescindibile”.

La gestione dei costi del cloud è negli obiettivi dei CIO

Il passaggio da un’architettura tradizionale a paradigmi moderni come il cloud non impone solo azioni tecniche di migrazione al servizio di un provider, ma precise azioni operative, sottolinea Castellano di Maggioli.

“Tutto nel cloud si paga”, afferma il CIO. “Il passaggio dalla gestione on-premises di per sé è economicamente svantaggioso, perché il modello cloud è a consumo ed è efficiente solo se le aziende si avvicinano con un ponderato piano di trasformazione di architetture e processi, adattandoli alla diversa modalità di fruizione”.

Castellano sottolinea di disporre di un budget “finalizzato alla crescita e all’evoluzione dei processi aziendali, ma non strettamente al fatturato”; di conseguenza, “il controllo dei costi e l’individuazione di soluzioni tecniche e operative che possano efficientare la gestione dell’IT è uno dei miei obiettivi manageriali”.

Ma, nel momento in cui si mettono in atto precise strategie per il monitoraggio dei costi, il cloud offre grandi vantaggi operativi ed economici.

I pilastri dell’attività di controllo

Maggioli al momento adotta un modello di cloud ibrido: alcuni applicativi sono stati trasferiti nel cloud pubblico di un grande provider, altri restano on-premises. In particolare, nel cloud sono stati migrati alcuni sistemi gestionali, tra cui il CRM e qualche componente dell’ERP.

I benefici sono stati ottenuti, innanzitutto, grazie alla trasformazione delle architetture tradizionali, che il team IT ha ri-progettato in forma di microservizi. In pratica, è stata condotta una modernizzazione delle applicazioni. “Se si pensa solo a trasportare il sistema legacy nel cloud lo scambio non è vantaggioso. Se si sposta un prodotto nel cloud pubblico o privato bisogna rivedere totalmente le architetture”, afferma Castellano. 

Inoltre, il team IT di Maggioli ha attuato “un forte controllo sull’interazione tra microservizi: anche questo è un elemento di costo nel cloud”, evidenzia il CIO.

È stata anche condotta un’analisi degli schemi di consumo dell’azienda. “Visto che le macchine hanno un’esigenza di carico dinamico durante la giornata, sapendo quando i sistemi non sono in uso, abbiamo applicato logiche di downgrade”, indica Castellano.

Per il monitoraggio non si prescinde dagli Analytics

Anche Ardolino di Graded svolge un’attività di monitoraggio dei costi con un software sviluppato internamente, che include strumenti di Analytics. Questo tool verifica l’allineamento dei consumi nel cloud con la spesa prevista, anche su base quotidiana. Annualmente, e sempre con strumenti di Analytics, il team di Ardolino passa in rassegna le offerte sul mercato del cloud per capire se ci sono possibili vantaggi passando verso modelli o provider diversi.

Lo stesso strumento di monitoraggio verifica, su base mensile o annuale, i costi di altre voci legate all’innovazione, come la trasformazione digitale. “Si tratta di interi progetti che richiedono non solo la tecnologia, ma la reingegnerizzazione dei processi, come sta accadendo, per esempio, con la digitalizzazione degli acquisti”, indica Ardolino. “I tempi sono lunghi ed è più difficile prevedere i costi ed evidenziare i vantaggi di business, che non sono immediati. Con il cloud, invece, riesco meglio a predisporre una previsione e a dimostrare i benefici di flessibilità, velocità e risparmio”.

L’efficienza nei costi per Graded si lega soprattutto alla scelta del cloud IaaS (Infrastructure-as-a-service), tramite due diversi provider, uno tedesco e uno italiano. Accanto all’infrastruttura come servizio, Graded adotta anche alcuni software as-a-service (SaaS) di Google Cloud. A questi si aggiungono prodotti di fornitori diversi (come le piattaforme business) e altri sviluppati internamente. Il modello è, complessivamente, un cloud ibrido con server gestiti esternamente da un fornitore cloud pubblico IaaS, mentre piattaforme e software restano parzialmente privati.

La business intelligence diventa una IT intelligence

Anche per Maggioli il sistema di controllo dei consumi del cloud poggia direttamente sulla capacità di condurre attività di analisi dei dati e business intelligence. Tanto che il CIO Castellano ha chiesto l’introduzione di un data scientist e il potenziamento delle competenze sui dati nei dipartimenti amministrativo e finanziario dell’azienda.

“Oggi esistono algoritmi per svolgere previsioni sul consumo di risorse IT e abbiamo sviluppato internamente soluzioni di BI che sfruttano questi algoritmi per analizzare il comportamento delle macchine e guidare le nostre future azioni”, indica Castellano. “Il consumo deve essere immaginato in modo preventivo, anziché consuntivo. Ciò richiede un’evoluzione culturale, che passa necessariamente attraverso l’analisi dei dati”.

Castellano evidenzia come, tradizionalmente, la funzione IT sia abituata a svolgere attività di BI per il business. Ma, per gestire i costi del cloud, l’IT deve imparare a fare BI rivolta all’IT. “È un nuovo approccio mentale che impone, fin dalla fase iniziale di progettazione delle soluzioni, di costruire secondo il paradigma di destinazione, ovvero il cloud”, dichiara il CIO.

Anche per questo alcune soluzioni legacy di Maggioli – prima fra tutte l’ERP SAP – non sono state portate ancora nel cloud: occorre prima la modernizzazione delle architetture. 

Come scalare le risorse (e i costi) nel cloud

Nel caso di BizAway, il cui core business è la piattaforma web per le prenotazioni dei viaggi aziendali, l’azienda individua, annualmente, un budget per i 12 mesi successivi, basato sulle previsioni di crescita, l’inflazione, l’introduzione di nuove funzionalità e altri parametri. Questo bilancio previsionale costituisce il punto di partenza per un lavoro di monitoraggio costante sui consumi del cloud, al fine di capire se vi sono inefficienze e, nel caso, individuarle per ridimensionare le risorse.

“Per esempio, nel controllo del consumo delle risorse computazionali, potremmo accorgerci che una pagina web è lenta a caricare”, spiega Dal Bianco. “In questo caso, automaticamente il servizio cloud aumenta le risorse della Cpu e, di conseguenza, salgono i costi. Ora, visto che le prestazioni del sito web sono per noi cruciali, cerchiamo di trovare l’equilibrio tra la qualità dell’esperienza utente e l’efficienza dei costi. Se abbiamo raddoppiato o quadruplicato i clienti è fisiologico scalare le risorse verso l’alto per soddisfare la domanda; altrimenti interveniamo per evitare un consumo di risorse non giustificato”.

In modo analogo, BizAway ha ottimizzato il motore di ricerca interno al sito in modo da preservare le prestazioni man mano che acquisisce nuovi clienti: l’equilibrio tra user experience e controllo dei costi è garantito dalle Lambda function, che permettono all’IT di aggiungere potenza computazionale e, al tempo stesso, di consumare molto meno nei momenti di minori richieste, come di notte.

I costi “nascosti” del cloud e il ruolo dei fornitori

Sulla gestione dei costi del cloud c’è anche un importante lavoro commerciale da svolgere, da parte del team vendita, ma a volte anche del CIO, osserva Dal Bianco.

“Nel cloud conviene condurre una rinegoziazione costante dei termini del contratto: ci sono parti non scritte su cui si può agire”, afferma il manager di BizAway. “Per esempio, si può proporre al cloud provider un contratto annuale o biennale con pagamento anticipato, ma a fronte di uno sconto sui prezzi; oppure, se si privilegia il cash flow, accettare il contratto annuale o biennale e i prezzi proposti, ma con pagamento per trimestre”.

Un altro costo (soprattutto in termini di tempo e persone impiegate) da non dimenticare è quello del passaggio da un cloud provider all’altro, nel caso si cambi fornitore o si intenda adottare un modello a più fornitori (multi-cloud).

“Il passaggio non è sempre semplice”, osserva Dal Bianco, “ma un buon modo per tutelarsi è salvare i dati usando database open source, che sono compatibili tra diversi provider. Se si usano prodotti customizzati sul proprio fornitore cloud, c’è sì migliore integrazione e maggiore scalabilità, ma la migrazione può diventare complessa, perché il formato in cui i dati sono stati conservati non sempre è compatibile con il database di un altro provider”.

La gestione dei costi del cloud è anche un settore di mercato in cui l’offerta di prodotti dedicati sta aumentando: diversi fornitori di servizi software stanno integrando nelle loro suite soluzioni che permettono di analizzare, automaticamente e in modo più granulare, i dati sui consumi forniti dai cloud provider ai loro clienti. “È un trend importante sul mercato IT”, ci ha confermato l’offering manager di una multinazionale dei servizi software.

Gli strumenti che vanno in aiuto dei CIO sono, dunque, destinati ad aumentare, perché l’adozione del cloud continua a diffondersi e, di pari passo, cresce l’esigenza delle aziende di far emergere tutte le voci di costo e di monitorarle in tempo reale per evitare, a fine mese, un conto che potrebbe rivelarsi molto salato.

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